Oggi facciamo un tuffo nel passato per scoprire le origini di un veicolo che ancora oggi fa battere il cuore a milioni di appassionati: la motocicletta. Ricorda di seguire BikeBlitz su Instagram!
La nascita della “sedia di fuoco”
La nascita della prima motocicletta risale al 1869, quando i francesi Ernest e Pierre Michaux (costruttori di biciclette) montarono sotto la sella un piccolo motore a vapore che trasmetteva il moto alla ruota posteriore tramite due cinghie di cuoio.
Ancora più azzardata fu l’invenzione del produttore americano Sylvester Roper, il quale adottò un motore a vapore a 2 cilindri di oltre 600cc di cilindrata e uno sproporzionato bruciatore a carbonella.
La pericolosità di un motore a vapore su un veicolo a due ruote era evidente: in caso di caduta, il pilota non aveva scampo dal vapore e dalle fiamme.

Otto e la rivoluzione del 4 tempi
Nel 1874 Nikolaus August Otto, sviluppò il primo motore a combustione interna; due anni più tardi, brevettò il motore a 4 tempi (in uso ancora oggi).
Dopo l’invenzione del 4 tempi, Gottlieb Daimler e Wilhelm Maybach fondarono un’officina nei pressi di Stoccarda, dove iniziarono a fabbricare motori a combustione interna.
Dopo circa 10 anni, il 10 novembre 1885 nacque il primo prototipo di motocicletta, realizzato in legno ed equipaggiata con un motore più leggero e potente rispetto a quello di Otto.

A guidarla fu il figlio di Daimler, Paul. Non fidandosi della stabilità della motocicletta, Daimler la dotò di due ruote stabilizzatrici laterali per evitarne il ribaltamento.
La produzione di serie
Tra il 19° e il 20° secolo numerose aziende specializzate in svariati settori iniziarono a mostrare interesse nei confronti dei veicoli a due ruote.
Altri ancora furono i personaggi convinti sin dall’inizio del promettente futuro del settore, come i fratelli Wilhelm e Heinrich Hildebrand insieme al socio Alois Wolfmuller di Monaco, e il russo Michel Werner, con il fratello Eugène. Tutti questi uomini contribuirono alla nascita del termine “motocicletta”.
Nel 1894, l’azienda di Monaco aveva già presentato un prototipo per la commercializzazione, e la loro può essere considerata la prima motocicletta di serie prodotta al mondo.

La smania per la velocita’
Le competizioni per i veicoli a due ruote esistevano già nel 1899. Con l’aumentare degli amanti della velocità e con l’incremento di quest’ultima, emerse un problema: alle elevate andature, il pilota non riusciva a mantenere le mani sul manubrio, impegnato ad operare sulle numerose leve di controllo.
Nel 1904, in Francia, una Peugeot a 2 cilindri raggiunse la velocità di 123 km/h su strada bagnata, segnando il record del mondo.
Alla guida di una motocicletta, il pilota non doveva solo accelerare e frenare, ma anche utilizzare una mano per pompare l’olio e la benzina. Le ruote rimanevano pur sempre prive di sospensioni, anche se è difficile stabilire esattamente quando questa abbia fatto la sua prima comparsa su una motocicletta.
Pare che la Griffon ne fosse già provvista nel 1903. Nel 1905 la Bianchi sviluppò una forcella oscillante, ma fu la vittoria della Norton al primo Tourist Trophy del 1907, con una moto provvista di forcella a parallelogramma con sospensione a molla, a segnare la vera svolta.

Motocicletta e aerei
Al termine della Prima Guerra Mondiale, le innovazioni sviluppate per scopi militari poterono essere impiegate anche per utilizzi civili. Allora come oggi, l’aereonautica è stato simbolo di progresso tecnologico, e tale settore ha contribuito alla realizzazione di innovazioni quali i materiali resistenti alle vibrazioni, la doppia accensione e l’albero a camme azionato da un alberino di trasmissione verticale.
Il legame tra aerei e le moto fu sottolineato dall’elica bianca e azzurra simbolo della BMW, ma anche dall’aquila della Moto Guzzi.
Queste due Case hanno un altro punto in comune: nel 1921, dopo due anni dalla presentazione della C2V di Carlo Guzzi, la BMW R 32 fu provvista di un collegamento diretto tra la testa dello sterzo e l’asse posteriore; si trattò delle prime due motociclette con telaio non convenzionale, realizzato secondo il principio dell’equilibrio statico.

economia e politica
Alla fine degli anni Venti, la crisi economica decretò la chiusura di tante piccole Case motociclistiche.
Piloti inglesi, tedeschi e italiani erano impegnati nell’abbattimento del record mondiale di velocità e lo scambio di informazioni e consigli tra loro iniziò a essere considerato alla pari di un tradimento.
Molti costruttori non erano però interessati alla politica, come i giovani ingegneri italiani Carlo Gianini e Piero Remor. Quest’ultimo, nel 1924, aveva avuto l’idea di montare un motore a 4 cilindri trasversalmente, anziché longitudinalmente come avveniva sulle autovetture. Insieme al Conte Bonmartini, Remor sviluppò la GRB con motore a 4 cilindri raffreddato ad aria, poi acquistato da Giuseppe Gilera.
Ingegneri italiani, tedeschi e inglesi svilupparono ulteriormente le parti in movimento delle motociclette, e il 1935 vide l’introduzione delle sospensioni posteriori, montate sulla Moto Guzzi vincitrice del Tourist Trophy Junior e Senior.
Due anni più tardi Edward Turner riscosse successo con il suo motore bicilindrico, di poco più grande di un monocilindrico ma con prestazioni più elevate. I bicilindrici in linea segnarono la tendenza per i successivi quarant’anni.
la prima vespa e carrozzerie a “balena”
Negli anni Cinquanta, grazie a Corrado D’Ascanio, nacque la Vespa della Piaggio: uno scooter con sospensione laterale e gruppo motopropulsore oscillante, che ottenne uno strepitoso successo a livello mondiale.

Le motociclette con cui la NSU e la Moto Guzzi si rivelarono vincenti nelle competizioni erano caratterizzate da una carrozzeria aereodinamica soprannominata “a delfino” o “a balena”.
Grazie ai test effettuati nella propria galleria del vento, la Casa di Mondello anticipò altri costruttori intervenendo sotto numerosi aspetti per quanto riguarda l’aereodinamica della moto.

Gli anni Cinquanta furono testimoni dell’introduzione delle forcelle telescopiche, del forcellone oscillante posteriore, del cambio a pedale e della frizione con comando al manubrio, tanto che non vi fu più molta differenza tra le moto da corsa e quelle di serie.
rivoluzione
Alla fine de quel decennio giunse dalla Cecoslovacchia una nuova tendenza: lanciare sul mercato le motociclette da competizione.
Il mondo delle competizioni richiedeva caratteristiche tecniche differenti per ogni singola disciplina: una moto da trial non aveva nulla in comune con una moto stradale. In seguito, anche per la produzione di serie furono adottate specifiche particolari, quale la sospensione a braccio singolo utilizzata sulle moto da cross. Il mercato motociclistico subì un cambiamento radicale.
Soishiro Honda approfittò di tale situazione, iniziando a produrre in serie motociclette incredibilmente maneggevoli e affidabili, stupefacenti nei loro contenuti tecnici. Da allora la filosofia costruttiva giapponese dettò il passo.

Alla fine degli anni Sessanta, nessuno era più interessato all’acquisto di motociclette per il semplice utilizzo quotidiano, e il settore motociclistico subì uno stravolgimento: gli ingegneri smisero di progettare modelli per cui le Case avrebbero in seguito cercato compratori, iniziando a progettare modelli secondo i desideri e le esigenze manifestati dallo stesso pubblico.
Novita’ dalla Nuova Zelanda
La moda della personalizzazione subì negli anni Ottanta un notevole incremento: le categorie esistenti vennero ancor più suddivise, dando vita a modelli quali le enduro da turismo, le sport tourer, le moto completamente carenate e le superbike.
Nel frattempo, dall’altra parte del mondo, un meccanico fai-da-te aveva rotto la tradizione: dopo aver lanciato la prima motocicletta nel ’77, il neozelandese John Britten era riuscito a renderla superiore rispetto alle altre superbike. Il motore, con un ridotto angolo tra le valvole, faceva parte del telaio, mentre la forcella triangolare regolabile univa le nozioni del passato a nuove soluzioni.
All’epoca lo sviluppo di nuove tecnologie giocò un ruolo fondamentale e, negli anni Novanta, la tecnica a computer e la micro-elettronica sarebbero diventate d’uso comune.
Innovazioni tecnologiche
La miniaturizzazione aprì le porte a nuove possibilità, sia nel settore della tecnica motoristica sia per quanto riguarda la costruzione del telaio.
La motocicletta è stata sempre caratterizzata da dimensione contenute, che hanno lasciato poco spazio agli equipaggiamenti. Il sistema antibloccaggio dei freni (ABS), poteva essere montato solo sulle automobili. Grazie all’introduzione dei sistemi di controllo elettronici, nel 1989 la BMW montò l’ABS sulla serie K1, caratterizzata dal sistema elettronico di gestione del motore e dal convertitore catalitico.
Le Case giapponesi si concentrarono maggiormente sull’ottimizzazione dei motori, soprattutto sull’incremento delle prestazioni, come ha dimostrato l’adozione del sistema ram-air con presa d’aria dinamica centrale.
Le moto che conosciamo oggi
La personalizzazione e la miniaturizzazione diventeranno ancora più importanti nel futuro. Lo sviluppo di materiali innovativi sta spianando la strada a nuovi progressi. Passi avanti sono stati compiuti da una più efficiente conversione dell’energia… eccetera eccetera eccetera.
Grazie a pionieri dell’ingegneria e uomini imbevuti di passione per le due ruote, oggi possiamo vantare di moto all’avanguardia, che raggiungono velocità oltre qualsiasi ragione e abbiamo la possibilità di guardare campionati spettacolari con prototipi milionari.

400 km/h
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